34 miglia

Piotr

Corro.

Il treno sta partendo, da questa stazione senza passeggeri. Nessuno al binario, nessuno attorno a me. La vacuità del luogo non mi stupisce, so bene che non tutti vi possono accedere e che la destinazione del treno è riservata a chi, come me, non appartiene a questo mondo.

Il rumore si fa più forte, i vagoni cominciano a muoversi e le porte sono oramai completamente chiuse. L’unica soluzione è saltare e aggrapparsi! Lo faccio, con un balzo di cui mi stupisco, e rimango incollato al freddo metallo della carrozzeria. Lo stringo forte e penso: 34 miglia. Non poche, in fondo. Quanto ci vorrà? Un’ora? Poco meno? Quanto tempo dovrò mantenere la presa? Riuscirò a non cadere.

34 miglia. Non potevo perdere questo treno. Mi serve per fuggire, per allontanarmi da questa realtà e raggiungere il mio vero mondo. Il treno accelera, con una rapidità inaudita per un veicolo di quel genere. Vengo spinto indietro, ma la presa regge. Fredda, la mia mano continua a trattenere la maniglia. Mi sposto leggermente, per garantirmi una posizione più stabile e confrotevole. 34 miglia in un corridoio di aria gelida.

Ora mi sembra quasi di volare. Mi accosto al vagone, cercando di diventare una forma unica con lui. Stringo la mano, aderisco con la schiena alla carrozzeria, reclino la testa come per riposare. 34 miglia, vento freddo, le immagini del mondo che schizzano attorno a me. Mi sento stanco, gli occhi mi si chiudono. Devo resistere, ma il dondolio del treno mi concilia… stretto al vagone… potrei… quasi….. dormire….

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